venerdì 25 febbraio 2011

Carràmba che Scherzi a Parte!

Giuseppe escogita uno show
che merita un Telegatto ad memoriam
Giuseppe è decisamente un tizio che sa vedere oltre. Non solo perché predice il futuro interpretando i sogni, ma anche perché, duemila anni e passa prima dell'era catodica, si dimostra uno straordinario autore di format televisivi ante litteram: riesce infatti a creare uno show che sintetizza alla perfezione due tra i programmi di maggior successo nazional-popolare negli ultimi 20 anni di tv italiana, Carràmba che Sorpresa! condotto dalla Carrà (8 edizioni tra il 1995 e il 2008) e Scherzi a Parte di Fatima Ruffini (11 edizioni tra il 1992 e il 2009).
Carràmba che Scherzi a Parte!, ideato, scritto, interpretato e diretto da Giuseppe con l'inconsapevole partecipazione dei suoi fratelli (special guest star l'anziano babbo Giacobbe), va in onda tra i capitoli 42 e 46 della Genesi. Siamo nei sette anni di carestia che interessano tutto il Medioriente. Grazie alle indicazioni di Giuseppe (vedi post precedente), però, in Egitto si sono accumulate derrate in quantità industriale nei sette anni di abbondanza precedenti, quindi adesso tutti vanno dal faraone a comprare grano. Ci vanno anche 10 tra gli 11 fratelli di Giuseppe, figli di Giacobbe, che però tiene con sé a Canaan il giovane Beniamino: è l'unico figlio nato dall'amata moglie Rachele che può ancora  abbracciare, visto che Giuseppe era stato venduto dai fratelli molti anni prima, dicendo al padre che era stato sbranato dalle belve (vedi qui). Arrivati in Egitto, i fratelli non possono riconoscere Giuseppe, che ora ha 30 anni ed è il potente viceré. Lui invece capisce benissimo chi sono, e scatta lo scherzo - prima di proseguire la lettura, si consiglia di premere Play sul filmato per migliorare l'effetto.
Fingendo di non sapere chi sono, Giuseppe li accusa di essere spie e li sbatte in prigione per tre giorni. Poi propone loro un patto: potranno tornare dalle loro famiglie con il grano per sfamarle; tuttavia, a prova della loro onestà, lasceranno lì come ostaggio uno di loro (Simeone), e torneranno nuovamente in Egitto anche con quello che è rimasto a casa (Beniamino). Ai fratelli non resta che accettare, ma quando tornano da Giacobbe scoprono che dentro i sacchi con il grano qualcuno - ma chi sarà stato?!? - ha infilato anche il denaro con cui lo avrebbero dovuto pagare: "Poveri noi, il viceré penserà che lo abbiamo pure derubato!" - grande disperazione loro, risatissime del pubblico.
Superate le resistenze di Giacobbe, dato che la carestia continua, dopo un po' corrono il rischio di tornare in Egitto, stavolta portando anche Beniamino. Con loro grande sorpresa, nessuno li accusa per quella storia del denaro nei sacchi, anzi vengono invitati a pranzo dal potente viceré. E qui, per la prima volta, lo Scherzo lascia il posto alla Carrambàta (dal dizionario Devoto-Oli, 2008 -sic!!!-: "incontro inatteso con una o più persone con le quali si erano persi i contatti"), con Giuseppe che si commuove e deve andare a piangere di nascosto quando finalmente rivede Beniamino, il suo unico fratellino di sangue.
Ma lo Scherzo continua. Superato e dissimulato il magone, il viceré porta a termine la cena in allegria come se nulla fosse. Il giorno dopo, fa ripartire i fratelli con i sacchi pieni di grano. Ancora una volta, però, fa infilare al loro interno il denaro; in più, nel sacco di Beniamino, fa nascondere dai suoi servi una preziosa coppa d'argento. Quando sono partiti da un po', Giuseppe li fa inseguire dalle guardie, che intimano loro di vuotare i sacchi. Il viceré allora gioca il jolly: "E se per caso qualcuno si è preso la mia bellissima coppa, rimarrà schiavo con me". A sacchi aperti, i fratelli sgomenti non possono che stracciarsi le vesti disperati, convinti di essere stati puniti da Dio. Giuda, a questo punto, si riscatta: proprio lui, che anni prima aveva concordato il prezzo per la vendita di Giuseppe, adesso lo prega di prendere lui come schiavo al posto di Beniamino, perché altrimenti il vecchio Giacobbe morirebbe di dolore.
E' venuto il momento di svelare le telecamere nascoste: Giuseppe rivela ai fratelli la propria identità, tra pianti e abbracci di gruppo in perfetto stile Carràmba - anche in questo caso, consiglio di far partire il filmato prima di concludere la lettura, ovviamente avendo l'accortezza di fermare prima l'insopportabile musichetta di Scherzi a Parte...

Una lacrima dopo l'altra, lo show tocca il suo apice quando Giuseppe fa trasferire da lui in Egitto tutti i fratelli con le rispettive famiglie (in tutto 70 persone). La Sorpresa delle Sorprese merita di essere annunciata dalla Carrà in persona, forse alle prese con il più straordinario degli oltre 250 ricongiungimenti familiari (veri o presunti) che ha presentato: "E da Canaan, anche il vecchio babbo Giacobbe... è quiiiiii!".
La battuta del genitore 130enne, quando finalmente riabbraccia il figlio così a lungo rimpianto, è da Antologia della tv del pianto: "Ti ho riveduto e so che sei vivo. Ora posso anche morire".
Una confezione formato famiglia di fazzoletti Scottex per noi, un Telegatto ad memoriam strameritato per Giuseppe e il suo Carramba che Scherzi a Parte!.

martedì 22 febbraio 2011

Giuseppe l'acchiappasogni

Giuseppe è il giovane 'mago' dei sogni
Harry Potter non è stato il primo giovane mago di successo della storia. Anche il giovane Giuseppe, pur sprovvisto di bacchetta, vanta un potere soprannaturale: è in grado di interpretare i sogni. Un dono divino che gli risulta provvidenziale per essere liberato dalla prigione in cui lo aveva rinchiuso Potifar su richiesta della Stronza (vedi post precedente).
La sua abilità si rivela quando predice correttamente il futuro di due servi del faraone, suoi compagni di cella. Entrambi hanno fatto un sogno che non comprendono (Genesi, capitolo 40), ma Giuseppe non ha problemi a interpretarli: "Tra tre giorni tu verrai liberato e tornerai al tuo lavoro", rivela al primo; "Tra tre giorni il faraone ti farà tagliare la testa, farà appendere il tuo cadavere a un palo e gli uccelli beccheranno la tua carne", predice al secondo. Glielo spiega così, tranquillo, professionale, senza reticenze e senza commenti. Almeno "Mi dispiace" non ci stava male. Fatto sta che tre giorni dopo uno torna al suo lavoro, l'altro finisce morto e straziato.
Tempo dopo, è il faraone stesso che fa un sogno bizzarro e rimane sbigottito: vede sette vacche grasse pascolare vicino al Nilo, seguite da sette vacche magre; poi sogna sette spighe di grano rigogliose vicine a sette spighe striminzite. Nessuno, tra gli indovini e i sapienti d'Egitto, riesce a fornirgli un'interpretazione plausibile (persino il Divino Mago Otelma sarebbe indignato per tanta incapacità). Allora il servo che era in carcere si ricorda di quando Giuseppe era riuscito a predirgli correttamente il futuro, e suggerisce al faraone di convocarlo.
Giuseppe l'acchiappasogni avverte il faraone che l'Egitto è atteso da sette anni di grande prosperità e raccolti abbondanti, ai quali seguiranno però sette anni di carestia assoluta. Il re è soddisfatto, anzi, più che soddisfatto: poiché Giuseppe gode evidentemente del benvolere di Dio, lo nomina suo vice e gli affida l'amministrazione di tutto l'Egitto, in maniera da prepararlo adeguatamente ai sette anni di carestia durante i sette di abbondanza. Il neo-viceré, appena trentenne, decide che è il momento migliore per prendere moglie: sposa Asenat, figlia di un sacerdote, e in breve mette al mondo due figlioli, Manasse ed Efraim.
Chissà cosa direbbero, vedendolo adesso, i fratelli che quand'era ancora bambino lo hanno venduto per 20 pezzi d'argento come schiavo... Con piglio da romanziere, l'autore biblico si prepara a raccontarcelo.

giovedì 17 febbraio 2011

Femmine scaltre per maschi babbei/2: La Stronza incastra Giuseppe

Mai dire di no a una così:
Mrs Potifar diventa La Stronza
Rifiutare le avances di una bella gnocca non sembra un'ottima idea. Se poi la bella gnocca in questione è anche la moglie del 'vice-faraone', l'idea si rivela pessima. Lo scopre, a sue spese, il malcapitato Giuseppe, che evidentemente all'epoca non aveva avuto modo di guardarsi Il Laureato con Dustin Hoffman. Peggio per lui. Avrebbe capito che una bella donna potente e rifiutata, si chiami Mrs Robinson o Mrs Potifar, diventa più temibile di una tigre ferita.
Giuseppe, figlio di Giacobbe, era stato venduto dai suoi amorevoli fratelli agli Ismaeliti, che avevano subito incassato la plusvalenza girandolo a Potifar, braccio destro del faraone d'Egitto (vedi qui). Nel capitolo 39 della Genesi ritroviamo un Giuseppe in ascesa: Potifar capisce che è in gamba, gli affida l'amministrazione di tutti i suoi beni, ed è pure - testuale - "ben fatto e affascinante". Un giovane rampante con un futuro radioso davanti, insomma. Tanto è vero che Mrs Potifar, l'innominata moglie del suo padrone, gli mette gli occhi addosso. "Vieni, vieni con me!" - gli ripete ossessivamente ogni giorno. L'utilizzatore finale, quando è una donna, non ha bisogno del Lele Mora di turno: si procaccia autonomamente la materia prima per il bunga bunga.
Il giovinotto però è irremovibile: "No, non posso tradire il mio padrone, che mi tratta così bene". Un rifiuto espresso a parole, che si conferma anche quando si passa ai fatti. Un giorno Giuseppe entra in casa di Potifar e trova ad accoglierlo la moglie sola soletta, che senza tanti preamboli lo tira per la tunica. Neanche stavolta l'aitante ragazzone cede, anzi fugge tutto ignudo, facendosi strappare la veste di dosso. E' a questo punto che Mrs Potifar, ferita nell'orgoglio da un rifiuto così bruciante, assume le sembianze de La Stronza.
Emette un urletto da premio Oscar e chiama i servi: "Lo schiavo ebreo che mio marito ci ha portato in casa voleva spassarsela con noi! Si è avvicinato per unirsi a me, ma io mi sono messa a gridare. Allora ha abbandonato la sua tunica vicino a me ed è scappato".
Sì, siamo d'accordo, proprio una stronza. Appunto. Quando Potifar lo viene a sapere, con tanto di tunica come prova, non può che fare arrestare Giuseppe e sbatterlo in prigione.
Secondo voi, con quale frase di saluto lo avranno accolto i compagni di cella? Scegliete la più opportuna utilizzando il sondaggio sulla colonna di destra.

domenica 13 febbraio 2011

Femmine scaltre per maschi babbei/1: Tamar frega Giuda

Donne scaltre come Tamar: il vero 'sesso forte' nella Genesi
Solo formalmente le donne che incontriamo nella Genesi sono sottomesse agli uomini. In realtà, alla fine della fiera, i maschi spesso ci fanno la figura dei babbei, e i loro destini vengono rigirati e riordinati a proprio piacimento dalle femmine come calzini appena usciti dalla lavatrice.
I capitoli 38 e 39 ci offrono due nuovi esempi significativi di donne scaltre che mettono nel sacco uomini ingenui, degne eredi di EvaSara, e Rebecca: a salire agli onori delle cronache stavolta sono Tamar e l'innominata moglie di Potifar (che data la sua simpatia, per brevità, chiameremo in seguito La Stronza).
Tamar è la nuora di Giuda, il fratello di Giuseppe che lo ha venduto agli Ismaeliti per 20 pezzi d'argento - come sappiamo, un altro Giuda qualche secolo dopo venderà Gesù per 30 monete d'argento: inflazione bastarda. Tamar non ha molta fortuna con i mariti. Giuda prima le fa sposare il suo primogenito Er, ma lui non si comporta bene e Dio lo fa morire. Per risarcire la vedova, Giuda allora manda il secondogenito Onan a sostituire il fratello maggiore; Onan però non ha granché desiderio di paternità, quindi ad ogni rapporto pensa bene di disperdere a terra lo sperma. Dio non approva e fa morire anche lui (lettori affezionati al 'salto della quaglia', siete avvisati). Temendo che sposare Tamar porti sfiga e che anche il terzo figlio, ancora ragazzino, possa fare una brutta fine, Giuda a questo punto prende tempo: "Tamar, resta vedova finché il mio terzo figlio, Sela, non crescerà. Solo allora te lo farò sposare". Sela cresce, ma Giuda fa finta di dimenticarsi la promessa. Tamar, però, non dimentica e medita vendetta. Qualche anno dopo, viene a sapere che Giuda passa dalle sue parti a comprare pecore: si traveste da prostituta (cioè si mette una specie di burqa, che evidentemente all'epoca era tipico di chi esercitava la professione) e adesca l'ignaro suocero, che ovviamente non la riconosce. Visto che non ha denaro per pagare subito, come garanzia Giuda le lascia sigillo, cordone e bastone; Tamar glieli restituirà quando lui pagherà il compenso pattuito, ovvero una botta per un capretto (mi pare equo). Giuda più tardi manda un amico con il capretto a saldare il debito, ma nel frattempo Tamar se n'è andata, portandosi con sé sigillo, cordone e bastone. Neanche a dirlo, è rimasta incinta del suocero. Qualche tempo dopo qualcuno riferisce a Giuda che sua nuora, nonostante sia vedova e non risposata, esibisce una pancia sospetta; il vecchio si dimostra comprensivo: "Che sia bruciata viva!". Ma Tamar sfodera la sua arma segreta: "Sono incinta, è vero, dell'uomo al quale appartengono questi oggetti. Guarda bene!". A Giuda non resta che ammettere la sconfitta: "Il torto è mio, perché non l'ho data in moglie a mio figlio Sela". Per la cronaca, il vecchio così poco dopo si ritrova così a dover sfamare due nuovi gemelli: Perez e Zerach. Ma il vero mistero è: perché Dio non ha fatto morire anche Giuda? Il metro di giudizio del Signore nella Genesi rimane del tutto indecifrabile.

giovedì 10 febbraio 2011

Vendesi fratello disperatamente

1.200 dollari per un nero,
20 pezzi d'argento per Giuseppe
I fratelli, nella Genesi, non si amano granché. La consuetudine, abbiamo visto, è quella di rivaleggiare, odiarsi, ammazzarsi e fregarsi a vicenda. Come già Caino e Abele, come Ismaele e Isacco, come Esaù e Giacobbe, anche tra i dodici figli di Giacobbe il rapporto è tutt'altro che di amore fraterno.
Non aiuta il fatto che Giuseppe sia il primo figlio avuto già in tarda età dalla moglie Rachele, la più bella e la più amata, mentre gli altri erano arrivati dalla sorella racchia Lia o dalle concubine (vedi qui). Ma aiuta ancora meno il fatto che Giuseppe assuma un'aria spocchiosa da primo della classe. A 17 anni (capitolo 37) inizia a pascolare i greggi con i fratellastri, e per renderseli subito amici pensa bene di fare la spia con Giacobbe, andandogli a riferire a fine giornata le cattiverie che gli altri figli dicono alle sue spalle. Per di più il giovinotto, di notte, sogna in grande, e di giorno lo riferisce con entusiasmo ai fratellastri: "Ragazzi, che sogno! Stavamo mietendo il grano, e il mio covone si è alzato più in alto di quello di tutti, mentre i vostri si sono inchinati davanti al mio"; e ancora: "Il sole, la luna e undici stelle si chinavano fino a terra dinanzi a me... che bel sogno, non trovate?". No, non trovano; anzi s'incazzano. Di brutto.
Giuseppe non sarà Mister Simpatia, ma la vendetta pare uno zinzinello esagerata. Un bel giorno, quando lo vedono arrivare da lontano al pascolo, i fratelli decidono in quattro e quattr'otto di ucciderlo e gettare il cadavere in una cisterna. Fortuna che Ruben, il maggiore, ha un rimorso di coscienza, e li convince a limitarsi a farlo cadere in una cisterna vuota nel deserto, senza ammazzarlo, magari per andarlo a riprendere dopo un po'.
Detto fatto, Giuseppe finisce nella cisterna in perfetto stile anonima sequestri sarda. Quando Ruben, il bonaccione, non c'è, passa di lì una carovana di Ismaeliti diretti in Egitto. A questo punto è Giuda (e che nome poteva avere, del resto, il traditore?) ad escogitare la vendita del fratello: Giuseppe come schiavo agli Ismaeliti in cambio di 20 pezzi d'argento. L'argomentazione di Giuda è convincente: "Invece di fargli del male, vendiamolo; dopotutto fa parte della nostra famiglia". Direi che non fa una grinza (pare di risentire il discorso di Lot sulle figlie a Sodoma).
Fratello antipatico fuori dai piedi per sempre, soldi guadagnati, nessun cadavere sulla coscienza: tutto è bene quel che finisce bene. Già, ma a Giacobbe adesso chi lo dice? "L'esempio ce lo ha dato proprio lui, fregando Esaù e Isacco: adesso saremo noi a fregarlo!". I fratelli scannano un capretto, bagnano le vesti di Giuseppe con il sangue, e le mandano al padre con un messaggio (forse un post-it? L'autore biblico non specifica): Abbiamo trovato questa veste: vedi se è quella di tuo figlio. Il vecchio si convince così che Giuseppe sia stato sbranato da una belva e si dispera inconsolabilmente.
Il piano dei fratelli sembra riuscito alla perfezione. Non sanno, però, che nel frattempo, in Egitto, Giuseppe  è già stato  rivenduto dai suoi primi acquirenti a Potifar, il braccio destro del faraone...


sabato 5 febbraio 2011

Giacobbe for president/3: il boss del business

Giacobbe, un Gordon Gekko ante litteram
Scaltro, determinato, pronto a cogliere al volo l'opportunità e a servirsi di ogni mezzo per raggiungere i suoi intenti. Giacobbe, quando si tratta di affari, non ha niente da invidiare a Gordon Gekko, il Michael Douglas re di Wall Street (regia di Oliver Stone) che nel 1988 si meritò anche un premio Oscar.
Ogni epoca ha la sua valuta pregiata: come Gekko accumula milioni di dollari, Giacobbe accumula greggi su greggi di pecore e capre, schiave, schiavi, cammelli e asini, togliendoli a suo zio Labano.
Il testo del capitolo 30 della Genesi non è chiarissimo, ma tra le righe si capisce che lo scaltro nipote escogita un ingegnoso trucchetto, ovviamente sempre con la complicità di Dio. In pratica, ad un certo punto Giacobbe si era accordato per spartirsi i capi di bestiame con Labano: allo zio quelli tutti bianchi, a lui quelli con una macchia o una striatura. Il furbacchione, però, nota che i caproni e i pecoroni maschi, quando vanno in calore, si abbeverano frequentemente (forse per raffreddare i bollenti spiriti? L'autore non chiarisce). Se in quell'acqua Giacobbe intinge un ramo di pioppo, i nuovi nati presentano sempre una striatura o una macchia, e dunque spettano a lui. Miracolo? Stregoneria? Ingegneria genetica? Vallo a sapere. Fatto sta che Giacobbe, quando vede avvicinarsi dei maschioni belli tosti, prepara il ramo di pioppo nell'acqua; se invece i maschi sono rachitici, lascia perdere. Risultato: in qualche anno i suoi greggi striati e macchiati sono sempre più numerosi e robusti, mentre a Labano restano solo quattro bestiacce spelacchiate e magroline. A quel punto, intuendo che a Labano e ai suoi figli cominciano a girare gli zebedei, Giacobbe se ne scappa in tutta fretta con mogli, concubine, schiavi e greggi, sempre protetto dall'occhio benevolo di Dio. Con un palo così, anche il colpo più audace può andare a segno.
Giacobbe si conferma un ottimo affarista anche quando ritorna dal fratello Esaù, al quale aveva rifilato una colossale fregatura una ventina di anni prima (vedi qui). Un regalo sostanzioso può accomodare anche le questioni più antipatiche: Giacobbe lo sa bene, e per ingraziarsi il fratello si fa precedere dai suoi servi che gli portano come 'contentino' da parte sua qualcosa come 200 capre, 20 capri, 200 pecore, 20 montoni, 30 cammelle allattanti con i loro piccoli, 40 mucche, 10 tori, 20 asine, 10 asini. Direi che gli estremi per la corruzione ci sono tutti.
Ma un boss come si deve, all'occorrenza, sa anche essere spietato. Quando sua figlia Dina viene violentata dal principe Sichem, figlio di re Camor, Giacobbe reagisce da perfetto padrino siculo. Lui e i suoi figli all'inizio lasciano correre, anzi fingono di accordarsi con Sichem e Camor: "Voi e i vostri concittadini maschi vi fate tutti circoncidere, ci date la giusta dote, e noi combiniamo il matrimonio tra Sichem e Dina da amici". I grulli accettano. Tre giorni dopo la circoncisione di massa, però, approfittando della debolezza post-intervento al prepuzio dei sichemiti, Simeone e Levi, figli di Giacobbe, entrano a spada sguainata nella città tranquilla, uccidono tutti i maschi, saccheggiano le case e prendono come bottino tutto quello che trovano, compresi donne e bambini. Persino Giacobbe solleva il dubbio: "Ma non avete un po' esagerato?". La risposta dei fratelli è lapidaria: "Non si tratta nostra sorella come una prostituta". Ci manca solo un bel minchia! finale.
In sintesi, rileggendo anche i post precedenti, non possiamo che confermare come Giacobbe sia il nostro candidato ideale, un modello vincente da ammirare, prendere ad esempio e votare perché ci rappresenti. Quale, secondo voi, il suo insegnamento più importante? Rispondete utilizzando il sondaggio sulla colonna di destra.

mercoledì 2 febbraio 2011

Giacobbe for president/2: l'harem

Paghi 2, prendi 4:
 l'harem in saldo di Giacobbe
Di questi tempi, un puttaniere - ah no, adesso si dice utilizzatore finale - ha diverse modalità di pagamento per reclutare ragazze formose con le quali ravvivare il proprio harem: contanti, appartamenti, auto, appalti, posti da soubrette in tv o da consigliere regionale. Basta avere un po' di fantasia. Anche ai tempi di Giacobbe era usanza comune pagare per avere una donna, a cominciare dalla moglie.
Quando arriva dallo zio Labano per fuggire all'ira funesta del fratello Esaù (Genesi, capitolo 29), Giacobbe però non ha denaro o animali con i quali acquistare la bella cugina Rachele. Non gli resta che sgobbare: "Lavorerò per sette anni per te per sposare Rachele, tua figlia minore"; Labano approva, l'accordo è definito. Ovviamente, nessuno si sogna di chiedere il parere alla diretta interessata. Giacobbe però non tiene conto che Labano è fratello di sua madre Rebecca, la santa donna che lo ha aiutato a fregare Isacco e il fratello Esaù (vedi qui). Stavolta è lui ad essere raggirato: la notte della festa di nozze, Labano al posto della figlia bonazza gli manda nella tenda Lia, la sorella maggiore e racchia di Rachele. Ovviamente Giacobbe si accorge dell'inganno solo quando si fa giorno. Ne deduciamo che: a) Giacobbe non è fisionomista; b) quella notte faceva davvero buio pesto e non avevano candele; c) alla fine, Lia non sarà stata tanto bona, ma sotto le lenzuola non faceva rimpiangere la sorella. E' proprio a questo punto che Giacobbe dimostra il suo grandioso fiuto per gli affari, e porta a casa una vantaggiosa offerta 2 per 1: prima si finge indignato con lo zio, che si giustifica spiegando che "in questo paese non c'è l'usanza di dare in sposa la figlia minore se la maggiore non è sposata" (dirlo prima no, eh?); quindi accetta di buon grado il rilancio di Labano: "Porta a termine questa settimana di festa nuziale, poi lavora per me altri sette anni e io ti darò in moglie anche Rachele".
Il vero affare è che, allo scadere dei sette anni, Giacobbe si ritrova a godere di un'eccezionale offerta 4 per 2: oltre alle sorelle Lia e Rachele, infatti, nel pacchetto ci sono anche le rispettive schiave Bila e Zilpa. Un vero e proprio harem 'in saldo', insomma. Il bello è che il Sultano Giacobbe non ci fa neanche la figura dello sfruttatore: lui vorrebbe amare solo Rachele, sono gli eventi a costringerlo a sacrificarsi anche con tutte le altre... Lia - abbiamo visto - gli è stata imposta da Labano come prelazione obbligatoria per la sorella minore. La maggiore, grazie al benvolere di Dio, si rivela una formidabile macchina da figli: in poco tempo ne sforna quattro (Ruben, Simeone, Levi, Giuda). Rachele è sterile, gelosa e triste, quindi invita Giacobbe ad unirsi alla sua schiava Bila: il marito accetta di buon grado, ed ecco altri due pargoli (Dan e Neftali). Contrattacco di Lia, che mette sotto la sua schiava Zilpa: con lei, l'instancabile Giacobbe, ormai un 'forzato' del sesso e della figliolanza, genera Gad e Aser.
Ma il bello deve ancora venire. Da acquirente, Giacobbe si ritrova acquistato per una notte di sesso. Il suo prezzo, a dire il vero, è abbastanza svilente: altro che sette anni di lavoro, una semplice manciata di mandragole, erbe miracolose che davano fertilità. Le aveva trovate Ruben, il primo figlio di Lia; Rachele, pur di poterle utilizzare ed avere un figlio tutto suo, dice alla sorella-rivale: "Tu dammi le mandragole di tuo figlio, io ti faccio passare la notte con Giacobbe". Fantastica la scena in cui si chiarisce una volta per tutte come Giacobbe, ormai, sia solo uno strumento di piacere e di potere alla mercè delle mogli: "La sera, quando Giacobbe se ne tornava dai campi, Lia gli andò incontro e gli disse: Devi venire con me perché io ti ho comprato pagandoti con le mandragole di tuo figlio." Nessuna risposta, resa incondizionata. Risultato: altri tre figli da Lia (Issacar per questa notte pattuita; si vede però che il pagamento è stato rateizzato, perché in seguito arriveranno anche Zabulon e Dina) e finalmente, grazie alle mandragole e a Dio - pure lui, immagino, preso per sfinimento - anche due figli da Rachele (Giuseppe e, diversi anni più tardi, Beniamino, che le causò la morte di parto).
Il totale complessivo della contabilità sessuale-prolifica di Giacobbe è di 12 figli da 4 donne diverse. Non stupisce che il primogenito Ruben, una volta cresciuto, decida di inaugurare la propria attività amatoria "avendo rapporti sessuali con Bila, la concubina di suo padre". Per un mestiere così difficile e sfibrante com'è stato per il babbo, meglio allenarsi fin da giovani con una trainer di comprovata esperienza.