giovedì 22 settembre 2011

Quando ci vuole, ci vuole/3

Miriam voleva svergognare Mosè
ma alla fine è svergognata da Dio
Tatadìo, la tata più severa della storia, ha in serbo per noi un nuovo esempio di come va castigato un figlio monello se si vuole educarlo correttamente.
Dopo le prime due puntate dello special "Libro dei Numeri" (se ve le siete perse, le trovate in reading-streaming qui e qui), la serie si completa con il terzo ed ultimo episodio, dal titolo "Chi la fa, l'aspetti".
La coppia di pargoli terribili da correggere, in questo caso, ha un'ottantina d'anni: stiamo infatti parlando di Aronne e Miriam, i fratelli di Mosè. E' possibile rieducare anche bambini così cresciutelli, dopo decenni di cattive abitudini? Probabilmente la missione sarebbe quasi impossibile per chiunque. Chiunque, a patto che non si chiami Dio - anzi, Tatadìo.
Miriam e Aronne sono un po' gelosi della predilezione dimostrata dal Signore nei confronti di Mosè. Iniziano dunque a criticarlo apertamente per screditarlo agli occhi degli israeliti: il pretesto viene dal matrimonio di Mosè con una donna etiope, che evidentemente va contro la legge "moglie e buoi dei paesi tuoi".
Due contro uno, però, non vale: un'importante lezione di vita che Tatadìo farà imparare una volta per tutte ai due pestiferi fratelli. Il Signore li convoca tutti e tre nella sua tenda e rimprovera aspramente Miriam ed Aronne davanti a Mosè: "Come osate criticare il mio servo?". Quindi se ne va sdegnato, non prima di avere messo in atto la sua terribile punizione: sulla pelle di Miriam sono comparse le macchie bianche della lebbra.
Aronne, come sempre coraggioso e pronto ad assumersi le sue responsabilità, frigna subito con Mosè: "Siamo colpevoli: ma non punirci per il peccato che abbiamo avuto la pazzia di commettere. Miriam non diventi come un bambino nato morto, con la carne già divorata per metà appena dato alla luce!". Stupisce che ancora una volta, dopo il pasticciaccio brutto del Vitello d'OroAronne la faccia franca: Dio, nella sua severità, è comunque disposto a chiudere un occhio quando il peccatore è un uomo - soprattutto se quest'uomo si chiama Aronne... - mentre si conferma inflessibile con le donne.
Mosè, che in fin dei conti è un bonaccione, invoca il perdono divino e la guarigione per la sorella. La risposta di Dio ci fornisce un quadro illuminante della sottomissione femminile nella società dell'epoca: "Se suo padre le avesse sputato in faccia, resterebbe coperta di vergogna per una settimana! Ebbene, sia cacciata fuori dall'accampamento per una settimana!". Chi la fa l'aspetti, cara Miriam: tu volevi gettare fango su Mosè, quindi a tua volta ora vieni disonorata pubblicamente. Ci manca solo l'Ha-ha! di Nelson Muntz.
Tatadìo colpisce ancora: quando ci vuole, ci vuole (fine... almeno per ora).
Qualcosa mi dice alla prima occasione buona il Signore tornerà a castigare il suo popolo birbantello. Nell'attesa, se vi va, rispondete al sondaggio che trovate sulla colonna di destra: quale sistema educativo ritenete più valido? Chi è la vostra tata ideale?

Quando ci vuole, ci vuole/2

Mai lamentarsi del rancio,
altrimenti il Generale s'incazza...
Abbiamo appena visto come il Signore - che nelle sue vesti di educatore soprannomino amichevolmente Tatadìo - si sia nuovamente imposto con autorità nel punire i suoi figli israeliti. Che abbiano capito la lezione di non fare più capricci? Ahiloro, pare proprio di no.
Passano pochi giorni, infatti, e il popolo eletto in marcia, istigato da alcuni stranieri di passaggio, trova da ridire sul menu poco vario: "Avessimo almeno un po' di carne! Vi ricordate in Egitto? Senza spendere un soldo avevamo pesce, angurie, meloni, porri, cipolle e aglio! Qui non c'è più niente, e siamo già deperiti. Non si vede altro che manna!".
Ogni recluta sa bene che, durante le ispezioni del Generale, il rancio deve essere sempre e comunque lodato come "ottimo e abbondante per la truppa". Evidentemente, gli israeliti hanno preferito il servizio civile alla naja, e ora ne pagano le inevitabili conseguenze. A nulla vale il tentativo di intercessione del sergente Mosè, che stanco di ricevere accuse, insulti e lamentele arriva ad invocare Dio di ucciderlo: "Non ce la faccio, io da solo, a portare il peso di tutto questo popolo: è troppo per me! Se vuoi proprio trattarmi in questo modo, fammi morire! Allora manifesterai la tua bontà verso di me".
Tatadìo stavolta ha in serbo per il suo popolo capriccioso una sorta di contrappasso dantesco ante litteram: "Avrete carne da mangiare. Ne avrete non soltanto per un giorno o due, oppure per cinque o dieci o venti giorni, ma per un mese intero, finché ne avrete nausea, tanto che vi uscirà dal naso! Così sarete puniti".
Detto fatto, sull'accampamento iniziano a piovere quaglie: "ce n'erano attorno al campo per la distanza di un giorno di cammino in tutte le direzioni, e coprivano il suolo fino a mucchi di circa un metro. Per raccogliere le quaglie il popolo impiegò quel giorno, la notte e tutto il giorno seguente. Chi aveva raccolto meno quaglie di tutti, ne aveva migliaia di chili".
Gli israeliti mangiano più che a sazietà, iniziano anche a fare seccare le quaglie al sole per poterle conservare più a lungo, ma il castigo divino è dietro l'angolo: "Mentre avevano ancora quella carne sotto i denti, prima di finire di masticarla, il Signore si riempì di sdegno contro di loro e li colpì con una terribile epidemia". Credo che il termine tecnico sia "cacarella fulminante". Del resto, la regola di Tatadìo è ormai chiara a tutti e non ammette deroghe: quando ci vuole, ci vuole... (continua)

Quando ci vuole, ci vuole/1

Dio predilige le punizioni corporali
Di questi tempi, tra i miei amici, piovono bambini. Diventare genitore è una bella responsabilità: qual è il metodo giusto per educare i figli? Lasciate perdere la gentile fermezza di Tatalucia (è evidente che si deve scrivere tuttoattaccato, questo è il suo nome: sfido chiunque a dimostrarmi il contrario) o l'affettuosa empatia di Tatadriana. Se ancora ce ne fosse bisogno, Dio nel libro dei Numeri (capitoli 11-12) ci illustra tre nuovi esempi del suo metodo pedagogico. Altro che rifiuto categorico delle punizioni corporali perché inutili e dannose: tra il bastone e la carota, il Signore predilige decisamente il primo - per una piccola antologia sul tema, guardate pure qui. E quando bastona, picchia duro.
Dopo due anni e due mesi di peregrinazione nel deserto, Dio decide che finalmente è giunta l'ora per il suo popolo di dirigersi verso l'agognata terra promessa. Mosè nomina come capo-spedizione Obab, figlio di suo suocero Ietro, e gli israeliti si mettono in marcia.
Cammina cammina, giungono dalle parti di Tabera. Qui - recita il testo biblico - "si lamentavano senza motivo contro il Signore". Ora, dopo due anni e due mesi di stenti nel deserto, direi che anch'io mi sarei lagnato. Probabilmente molto prima. E probabilmente molto di più. Ma il capriccio non è bene accetto a Tatadìo. Là dove Tatalucia avrebbe suggerito di ignorare, il nostro onnipotente puericultore decide di intervenire con un cenno di rimprovero: "Al sentirli, il Signore si riempì di sdegno contro di loro e provocò un incendio, che devastò una zona ai lati dell'accampamento. Il popolo si mise a gridare e chiamò in aiuto Mosè, che pregò il Signore per loro, e il fuoco si spense".
Quando ci vuole, ci vuole...(continua)

mercoledì 7 settembre 2011

Meglio del Billionaire

Luci dorate all'apertura del Billionaire,
oro vero per inaugurare l'altare di Dio 
Per l'inaugurazione del proprio altare, Dio fa le cose in grande. Quanto a lusso, il party per il Grand Opening della tenda del Signore, descritto nel capitolo 7 dei Numeri, non ha nulla da invidiare a quello che apre la stagione estiva del Billionaire.
Per dodici giorni consecutivi, assecondando il volere espresso da Dio a Mosè, ogni tribù d'Israele a turno porta all'altare i propri doni per la cerimonia.
La coreografia alla fine è composta da 12 piatti e 12 vassoi in argento, più 12 coppe d'oro piene d'incenso. Ogni coppa pesa 1 etto giusto giusto, quindi in totale abbiamo sull'altare 1.200 grammi d'oro massiccio; ciascun piatto pesa invece 1 chilo e 3 etti, ogni vassoio 7 etti, per un totale di 24 chili d'argento.
Il carniere delle vittime per i sacrifici comprende 12 tori, 12 montoni, 12 agnelli, 12 capri, più altri 24 tori, 60 montoni, 60 capri e 60 agnelli di un anno per il banchetto sacro.
Non è certo lasciata al caso la disposizione delle luci: le 7 lampade ad olio per il candelabro sono posizionate in maniera da illuminare la parte anteriore, rispecchiandosi così sull'oro battuto.
Quanto agli effetti speciali, ci pensa Dio in persona: la sua voce, mentre parla a Mosè, sembra provenire dalle statue dei due cherubini posti sul coperchio dell'arca; una nube di fumo si posa sull'Abitazione sacra e si illumina magicamente di notte, rimanendo poi sopra la tenda fino al momento in cui Dio decide di far trasferire tutto l'accampamento. Appena la nube si solleva, infatti, la comunità d'Israele si deve riunire in tutta fretta, sbaraccare e mettersi in marcia allo squillo di due trombe d'argento seguendo la nube; quando questa ridiscende verso terra indica il nuovo punto per accamparsi.
Certo che un Billionaire itinerante lungo la Costa Smeralda sarebbe un'attrazione niente male: Flavio Briatore e Lele Mora prendano appunti.