lunedì 24 gennaio 2011

Più pilu per tutti

L'eredità di Giacobbe: questione di pilu
Non c'è che dire, l'argomento è di gran moda. Nei giorni in cui scrivo questo post, Antonio Albanese spopola al cinema con il suo Cetto La Qualunque, esilarante pseudo (ma neanche tanto pseudo...) politico che si accattiva il voto popolare promettendo Più pilu per tutti. Nel frattempo i giornali e i telegiornali sono invasi dai resoconti delle allegre feste a base di pilu che allietano le serate del più amato dagli italiani, altrimenti - sembrerebbe - abbandonato ad una noia sconfortante.
Che pilu e potere siano fortemente interconnessi non lo scopriamo certo oggi. Anche la Genesi, in modo singolare, tratta l'argomento. Siamo al capitolo 25 quando per la prima volta conosciamo i figli di Isacco e Rebecca, i gemelli Esaù e Giacobbe. Nascere per primi, in questo libro, non porta granché culo: come Caino non era stato considerato da Dio, che invece guardava con benevolenza Abele (da lì il raptus di gelosia che aveva portato il maggiore ad uccidere il minore ed essere per sempre additato come 'quello cattivo'), anche il primogenito Esaù avrà un destino decisamente più sfigato del fratello nato solo pochi minuti dopo, ma divenuto da subito il cocco di mamma Rebecca.
La caratteristica che contraddistingue Esaù è quello di essere coperto di peli come se avesse un mantello (pare che anche il nome, in ebraico, rimandi a qualcosa di simile). Questo aspetto animalesco schifa un po' la mamma - come darle torto? - e poco importa se al contrario il papà Isacco prende in simpatia questo fagottino peloso: come la Genesi - e la vita quotidiana - ci insegnano, alla fine il potere decisionale del marito, in una coppia, è più apparente che reale.
Esaù, del resto, si dimostra fin da subito un sempliciotto piuttosto tonto e inadatto a ricoprire ruoli di prestigio: cede al fratello i suoi diritti di primogenito per un piatto di pane e lenticchie. Aveva fame, e allo stomaco non si comanda. Non stupisce allora che la premiata ditta Giacobbe & Rebecca - due tipi scaltri e con pochi scrupoli di coscienza - metta nel sacco senza alcuna difficoltà lui e il vecchio Isacco, ormai cieco, quando si tratta di benedire l'erede. E qui è tutta questione di pilu: Giacobbe si 'traveste' da Esaù ricoprendosi dei vestiti del fratello e della pelle di due capretti. La mammina premurosa prepara per lui un pranzetto coi fiocchi alla Cotto & Mangiato, pronto da portare in regalo a Isacco. L'inganno del padre Isacco si consuma così in modalità polisensoriale: appagato nel gusto, il vecchio cieco,  tradito dal tatto e dall'olfatto, toccando e annusando Giacobbe si convince che sia in effetti Esaù e lo benedice solennemente come suo unico e legittimo erede. Impareggiabile la sfacciataggine del giovanotto quando rassicura il papà sulla sua identità: "Sei veramente mio figlio Esaù?"; "Certo!" - e qui Giacobbe si volta verso l'obiettivo della macchina da presa strizzando furbescamente l'occhiolino, tipico scugnizzo che ha imparato l'arte di arrangiarsi nei bassi napoletani. Da notare, ancora una volta, il fatalismo del capofamiglia che quando scopre l'inganno se ne lava bellamente le mani: "Padre, benedici anche me!", lo supplica Esaù; "Tuo fratello è venuto con un inganno e ti ha rubato la benedizione"; "Ma  tu padre, hai una sola benedizione? Benedici anche me!". Niente da fare: il pilu finto di Giacobbe ha ormai irrimediabilmente spodestato quello vero di Esaù. Mi piace pensare che, per consolarsi, il fratello maggiore abbia prenotato una seduta dall'estetista.

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