mercoledì 8 giugno 2011

Sacerdoti e macellai

I sacerdoti ai tempi di Mosè
erano anche abili macellai
La fine dell'Esodo me lo aveva fatto temere. L'inizio del Levitico me lo conferma: la lettura della Bibbia mi riserverà anche passaggi molto noiosi. In questo terzo libro non ci sarà spazio per i divertenti microracconti incontrati nella Genesi, né per la saga di un eroe che guida il suo popolo verso la libertà che ha dato l'impronta all'Esodo.
Mi ritrovo piuttosto di fronte ad una sorta di manuale di istruzioni, un dettagliatissimo elenco di regole, norme, prescrizioni che Dio espone personalmente a Mosè per tutti i 27 capitoli che compongono il testo. Certo che quei due stanno a parlarsi in privato un sacco di tempo: a Mosè sarà venuta una pelle da adolescente, grazie all'effetto-lifting descritto nell'Esodo.
I primi capitoli del Levitico (1-7) si soffermano con grande specificità sulla pratica dei sacrifici. E' chiaro che i sacerdoti devono necessariamente essere anche abili macellai: sono chiamati in continuazione a sgozzare tori, montoni, agnelli, vitelli, piccionitortore per rimediare alle colpe commesse da chiunque appartenga al popolo ebraico. Dio si sofferma con dovizia di dettagli sulle procedure: tra le varie indicazioni, spicca il fatto che debbano sistematicamente essere bruciate le parti grasse di ogni animale (Dio ha a cuore il colesterolo dei suoi fedeli), mentre il sangue va asperso su altari e vesti sacre con modalità ben definite (ad esempio si deve intingere il dito e poi toccare per sette volte la parte visibile dei tendaggi). Chi mangia parti grasse o sangue viene immediatamente bandito dalla comunità: non c'è trippa per gatti, ma neanche per gli israeliti.
Il lavoro dei sacerdoti non è senza ricompensa. A loro spettano infatti la pelle, il petto e la coscia destra di ogni bestia squartata e offerta a Dio.
Oltre ai sacrifici animali, sono previsti anche sacrifici vegetali, per i quali si devono bruciare diverse misture di farina, olio, incenso, grano o verdure a seconda dei casi. C'è addirittura una sorta di scala che fissa un sacrificio adeguato al reddito: chi non ha mezzi per procurarsi una pecora o una capra, potrà portare al Signore due tortore o due piccioni; se non può procurarsi nemmeno i volatili, potrà portare due chili di farina.
Dio non lo specifica, ma immagino che chi non riesce nemmeno a procurarsi la farina abbia senz'altro problemi vitali più pressanti che chiedere perdono per i propri peccati.

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