giovedì 10 marzo 2011

Miracoli e misteri

Miracoli, misteri e passi inesplicabili
leggendo i primi capitoli dell'Esodo
L'Esodo si presenta fin da subito come un libro molto diverso dalla Genesi. Mentre il primo testo biblico sembra una specie di antologia composta da una serie di microracconti con vari protagonisti, il secondo ha l'ambizione narrativa di essere un unico racconto lungo (o romanzo breve, vedetela come volete), tutto incentrato sulle imprese di Mosè. Credo però che nessun editor dotato del benché minimo buon senso, oggi, riterrebbe l'Esodo pubblicabile così com'è. Intanto si fatica ad individuarne il genere letterario per inserirlo in una collana (azzardiamo un Fantasy Epico-Storico alla Valerio Massimo Manfredi?). Inoltre, fin dai primi capitoli, troviamo delle incongruenze che minano la coerenza interna dell'universo narrativo creato dall'autore. Tanto per cominciare: se al capitolo 1 il faraone ordina l'uccisione di tutti i neonati ebrei maschi e il solo Mosè si salva per miracolo (vedi post precedente), com'è possibile che al capitolo 2 Mosè divenuto adulto si ritrovi ad intervenire in favore di molti altri maschi ebrei suoi coetanei, uccidendo il sorvegliante egiziano che li costringe ai lavori forzati? Ancora più incoerente è scoprire, poco oltre, che Mosè ha un fratello maschio, Aronne: ma come, la mamma non ha dovuto nascondere anche lui o depositarlo in una culla sul Nilo per evitare che fosse ucciso? Mah, mistero.
Ad ogni modo, dopo avere ammazzato il sorvegliante, Mosè fugge per diversi anni in Palestina, dove si sposa con Zippora ed ha un figlio (Ghersom). Sembra destinato per sempre all'esilio, ma Dio decide di farlo rientrare in Egitto per guidare il suo popolo alla liberazione. Per manifestarsi e convincerlo, il Signore si presenta a Mosè con una serie di miracoli che sembrano quasi trucchi di illusionismo: prima gli parla dando voce ad un cespuglio che brucia senza consumarsi, poi gli consegna un bastone che si trasforma in serpente (e viceversa), quindi fa apparire e scomparire i segni della lebbra da una sua mano, e infine trasforma in sangue un po' d'acqua del Nilo versata sul terreno arido.
"Ma presentandomi agli israeliti, quale Dio devo dire che mi manda?" -chiede Mosè. "Dovrai rispondere: è il Dio che si chiama Io-Sono". Comprensibile che Mosè tema di non risultare granché credibile, a maggior ragione perché, per sua stessa ammissione, è timido e impacciato nel parlare. Oltre al repertorio di miracoli che potrà replicare davanti agli ebrei, allora, il Signore gli suggerisce di affidarsi a un abile portavoce: "Non c'è tuo fratello Aronne, il levita? Lui sa parlare bene, si rivolgerà al popolo a nome tuo. Io sarò con voi, e loro vi crederanno".
Sembra tutto definito una volta per tutte. Ma a questo punto accade l'imponderabile: Mosè con la famiglia s'incammina verso l'Egitto, quando una notte - cito testualmente - "Il Signore affronta Mosè e vuole farlo morire". Ma come, che senso ha? Perché? Mistero. A questo punto, però, interviene la moglie Zippora, in un modo truculento, inquietante e per noi lettori assolutamente incomprensibile: taglia con una pietra affilata il prepuzio del figlio, e con quello tocca il sesso di Mosè dicendo "Tu per me sei uno sposo di sangue!". Sembra una specie di rituale con tanto di formula magica. Evidentemente è quello giusto: "Allora il Signore risparmiò la vita di Mosè". Perché? Mistero. Chiudo il libro piuttosto turbato.

2 commenti:

  1. è bello vedere come Mosè in Egitto non ci voglia proprio tornare, a tal punto da far incazzare pure DIO!!!

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  2. Hai ragione, Anonimo. E' anche vero che la soglia d'incazzatura del Dio della Genesi e dell'Esodo è piuttosto bassina. Onnipotente, lunatico e permaloso. Viene il sospetto che sia femmina...

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