giovedì 17 novembre 2011

Occhio, malocchio, tori e finocchio

Il re Balak si rivolge
al fattucchiere Balaam
Una volta scoperta la predilezione di Dio per le battaglie cruente e distruttive, gli Israeliti ne approfittano per darci dentro: dopo i Cananei, tocca agli Amorrei del re Sicon e del re Og subire la stessa sorte. "Gli Israeliti sconfissero Og, i suoi figli e tutto il suo esercito. Li sterminarono senza risparmiarne nemmeno uno. Così occuparono il territorio del re Og". Basta liberare un po' di spazio, e il gioco è fatto.
Comprensibile, allora, che vedendo arrivare Mosè con tutta la banda, il re Balak sia leggermente preoccupato: "Questa massa di gente devasterà tutto, qui nelle vicinanze, come una mandria di buoi divora l'erba di un prato!". Il monarca prova a correre ai ripari (Numeri, capitoli 22-24). La sua idea è quella di assoldare uno iettatore professionista: Balaam, figlio di Beor, che abita a Petor - l'autore biblico non lo dice, ma io so per certo che ogni anno, ad agosto, ci facevano una memorabile Sagra del Fagiolo...
Balaam è noto a Balak sia come portafortuna, sia come menagramo: "So bene questo: chi tu benedici, è benedetto, e chi tu maledici, è maledetto!". In questo caso, gli serve appunto un bel malocchio ai danni degli Israeliti: "Forse, così, riuscirò a vincerli e a cacciarli dal mio territorio".
Il re invia dunque in due tornate i suoi  messaggeri da Balaam, provando a convincerlo con la promessa di ricompense sempre maggiori, ma il fattucchiere entrambe le volte si consulta con Dio che lo avverte di lasciar perdere, visto che gli Israeliti godono della sua protezione. La seconda volta, tuttavia, il Signore gli dice di seguire pure i messaggeri del re, in attesa di ulteriori indicazioni. Una raccomandazione che, strada facendo, viene ribadita con una modalità piuttosto singolare: l'asina su cui viaggia Balaam per tre volte vede l'angelo del Signore, si spaventa e tenta di deviare dal percorso; la terza volta la bestia cade addirittura a terra. Ogni volta Balaam la picchia, fino a che la povera asina, per intercessione divina, inizia a parlargli e a lamentarsi; il santone la minaccia, ma a quel punto interviene l'angelo in persona, che ricorda a Balaam di attenersi alle indicazioni di Dio - per inciso: teatrino divertente, ma narrativamente del tutto inutile.
Quando il fattucchiere arriva dal re - finalmente! - questi lo invita a salire sulla collina e a maledire dall'alto tutto l'accampamento degli Israeliti. Balaam compie il rito sacrificale di tori e montoni su sette altari appositamente predisposti, ma quando dalla sua bocca dovrebbe uscire la macumba, Dio al contrario gli ispira una benedizione per gli Israeliti. La scenetta si ripete identica per tre volte, con il re Balak che ogni volta immancabilmente s'inchézza, come direbbe Lino Banfi. Nell'ultima profezia, Balaam annuncia ogni fortuna per il futuro di Israele, e le peggiori disgrazie per gli altri popoli: sterminio, rovine, case incendiate, schiavitù, e chi più ne ha, più ne metta.
Come già accaduto in precedenza, l'autore biblico raggiunge l'apice stilistico in un finale sorprendente per la sua assurda inconcludenza. Dopo la profezia, infatti, ci aspetteremmo lo scoppio di una battaglia campale, l'invio di una piaga divina, o quantomeno una lite furibonda tra re e fattucchiere. Niente di tutto questo. "Poi Balaam si mise in viaggio per tornare a casa sua, e Balak se ne andò per la sua strada". Capolavoro.

4 commenti:

  1. Beh dai, bisogna dire che Balak l'ha presa bene... Sportivamente direi!

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  2. Hai ragione, Ladybug. Del resto, non è sempre Lino Banfi che ha fatto anche l'indimenticabile Oronzo Canà, l'allenatore nel pallone?

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  3. questi sono proprio i finali che piacciono a me, e non sto scherzando.

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  4. Perfettamente d'accordo con te, Bert. Potrebbe essere una scena presa da un film dei fratelli Marx o dei Monty Python.

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