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I capelli lunghi sono il segno di chi si consacra a Dio |
Già nel Levitico il Signore aveva espressamente raccomandato agi israeliti di non eccedere con forbici e rasoio. Ora, nel sesto capitolo dei Numeri, l'astensione dal taglio dei capelli diventa l'elemento che distingue le persone che decidono di consacrarsi a Dio per un periodo determinato di tempo: nel testo biblico, tali uomini e donne vengono indicati come nazirei (vocabolo a me prima del tutto ignoto, ma che senza dubbio avrei creduto si riferisse a nazisti colpevoli di un crimine).
Il comandamento per un nazireo è chiarissimo e inequivocabile: "Egli è consacrato al servizio del Signore: dovrà quindi lasciar crescere liberamente i capelli fino al termine del periodo fissato. [...] Egli appartiene al Signore e la sua capigliatura ne è il segno".
Ci può essere un imprevisto che in un solo attimo compromette mesi o addirittura anni di lunghissime ciocche fluenti, di barbe aggrovigliate come una foresta di mangrovie, di rigogliose cascate boccolute, di chilometriche"trecce forzate": la morte di qualcuno in presenza del nazireo. Ogni uomo o donna che si consacra a Dio, infatti, non deve avvicinarsi a nessun cadavere, compresi quelli della madre, del padre, di un fratello o di una sorella: questo lo renderebbe immediatamente impuro. Così - spiega il Signore - "se qualcuno muore improvvisamente accanto a lui, la sua capigliatura, segno della sua consacrazione, resta profanata. Dopo sette giorni egli dovrà compiere un rito di purificazione e radersi completamente il capo".
Segue l'immancabile sgozzamento di piccioni e agnelli. A quel punto, sarà come ripassare dal Via! a Monopoli: "ricomincerà da capo il periodo della sua consacrazione come nazireo. Il periodo precedente non conterà, perché è stato interrotto e profanato".
Solo alla fine del periodo di consacrazione predefinito, dopo il doveroso sacrificio rituale di svariati animali, vino, farina e focacce all'olio non lievitate, i capelli potranno essere definitivamente tagliati e il voto del nazireo risulterà compiuto e bene accetto a Dio.
Oltre a quelle del crine forzatamente lungo e della lontananza obbligatoria dai cadaveri, il Signore indica solo un'altra regola per chi si vuole consacrare a lui: "Non dovrà bere né vino, né alcolici, né birra, né bevande prodotte con il succo dell'uva, anzi non potrà mangiare né uva fresca né uva passa. Per tutta la durata della promessa non dovrà mangiare niente di quel che proviene dalla vite, nemmeno acini acerbi o bucce d'uva".
Niente forbici, niente cadaveri, niente uva e derivati. Tutto chiaro. Nessun problema, però, per quanto riguarda la marijuana e i suoi derivati. E se i rasta jamaicani fossero in realtà israeliti molto abbronzati e molto osservanti?