lunedì 31 ottobre 2011

Triste, solitario y final

Aronne: solo e abbandonato come
un cagnolino ai bordi della strada
Anch'io ho un cuore. Non posso fare a meno di commuovermi, ogni estate, quando l'autorevole Studio Aperto nei dieci minuti finali dello show - non vorrete mica chiamarlo telegiornale, dai... -  mi ricorda che in Italia ci sono centinaia di figli di puttana che abbandonano i cani lungo le strade per andarsene in ferie. Oggi non è estate, anzi siamo alla vigilia del giorno autunnale per eccellenza: quello della commemorazione dei defunti. Eppure, forse complice la circostanza, mi ritrovo a provare quella stessa vena di compassione, di struggimento autentico e profondo, leggendo della triste morte del nostro amico Aronne (Numeri, capitolo 20).
Proprio quel Dio che sembrava considerarlo un po' il suo cocco, quasi più del fratello Mosè, tanto da averlo perdonato anche dopo l'immane casino del Vitello d'Oro, stavolta gliele fa pagare tutte in un colpo solo, e con gli interessi. Il Signore lo aveva già annunciato: nessuno dei due fratelli sarebbe entrato vivo nella Terra Promessa. (Detta tra noi, se davvero se l'è presa così tanto solo per un bastone battuto sulla roccia nel modo sbagliato, deve darsi una regolata anche lui. Va bene tutto, ma qui si sta esagerando...).
Ad ogni modo, il primo a pagare pegno è proprio Aronne. Giunti dalle parti del monte Or, Dio lo invita a fare un'escursione fino alla cima in compagnia di Mosè e del figlio Eleazaro. E' subito chiaro che ad attenderli non troveranno una confortevole tendina per fermarsi a campeggiare, né una coperta e un cestino da pic-nic: "Là toglierai ad Aronne i suoi vestiti sacerdotali e li farai indossare a suo figlio Eleazaro - dice il Signore a Mosè -. Aronne morirà lassù".
Tutto si svolge in un clima di mesto silenzio. I tre arrivano in cima, Mosè prende i vestiti ad Aronne e li consegna ad Eleazaro, quindi i due scendono e lo lasciano là. "Tutta la comunità degli Israeliti capì che Aronne era morto". Però, che intuito... Un ultraottantenne abbandonato solo e nudo in cima ad una montagna, che fine potrà mai fare? Mica ci vuole Einstein.
Se ne va così, come un bastardino nero sul ciglio del Grande Raccordo Anulare, uno dei personaggi più involontariamente comici incontrati finora. Triste, solitario y final, direbbe Osvaldo Soriano.
Ciao Aronne, rimarrai per sempre nel mio cuore. Assieme alle balene spiaggiate e ai cagnolini abbandonati di Studio Aperto.

mercoledì 26 ottobre 2011

Campioni di Risiko

Il piccolo esercito israelita deve
fronteggiare la grande armata edomita
Per arrivare alla Terra Promessa, dopo tanto deserto, gli Israeliti si trovano ad attraversare regioni abitate da altri popoli. Nessuno di questi, però, pare disposto a stendere a Mosè e soci un tappeto rosso: se vorranno passare, gli ebrei dovranno farlo con la forza. Tocca combattere, insomma. E quando si combatte, innanzitutto, occorre scegliere la strategia più appropriata.
Dopo essersi dissetati grazie ad un nuovo colpo di bastone miracoloso di Mosè, che fa sgorgare acqua da una roccia (ma senza volerlo commette qualche errore di procedura e fa incavolare Dio, che per ripicca gli promette che né lui, né Aronne entreranno vivi nella Terra Promessa), gli Israeliti si mettono in marcia da Kades verso il territorio del re di Edom (Numeri, capitolo 20)
Per essere sicuri di non andare incontro a rogne, inviano dei messaggeri a parlamentare con il monarca: "Ti preghiamo di permetterci di attraversare il tuo territorio. Noi non calpesteremo né i campi, né le vigne e non berremo l'acqua dei pozzi. Seguiremo la strada principale, senza deviare mai da essa, finché non avremo attraversato il tuo territorio".
Non so se il re di Edom fosse un esponente leghista, ma dimostra di non gradire affatto l'idea di una carovana di nomadi in transito. La risposta è secca e decisa, da sceriffo inflessibile: "Non passate per il mio territorio. Se ci proverete, vi farò guerra!".
Gli Israeliti provano a fissare un prezzo per il pedaggio: "Se avremo bisogno d'acqua per noi e per il nostro bestiame, te la pagheremo".
Niente da fare, il re non si fa comprare: "Non passate di qua!".
Alle parole seguono i fatti. "Gli Edomiti si mossero contro gli Israeliti con un esercito grande e forte". Il popolo del Signore, dovendo decidere se accettare o meno lo scontro, dimostra di avere alle spalle anni di esperienza nei tornei di Risiko, e applica senza indugio la prima regola aurea: se tu hai solo tre carrarmatini e lo Stato confinante ne ha dodici, ma che cazzo attacchi a fare?
L'autore biblico sintetizza il tutto con una frase semplice, breve e quanto mai significativa, che a mio avviso rappresenta un piccolo capolavoro: "Allora gli Israeliti presero un'altra direzione".
Chiamateli vigliacchi, ma per me sono campioni.

mercoledì 19 ottobre 2011

Un bastone prodigioso

Un bastone notevole è
 sempre simbolo di potere
Se siete capitati su questo post per caso, inserendo sulla casella di ricerca di google parole come "Rocco Siffredi", "Mandingo", "Suifan", "allungamento del pene", "prolungare l'erezione" o "i neri ce l'hanno più lungo", e il titolo vi aveva ingolosito, mi spiace deludervi: siete fuori strada. Parecchio.
Il bastone in questione, infatti, è quello di Aronne. Ed essendo lui un vecchierello ultraottantenne, non mi riferisco di certo al suo prodigioso stantuffo sessuale.
Parliamo invece di una vera verga di legno, nel senso letterale del termine, che alla fine del capitolo 17 dei Numeri diviene simbolo della supremazia del sacerdote prediletto dal Signore - e in questo senso sì che Freud e i riferimenti al fallo come simbolo del potere maschile hanno ottime ragioni di essere tirati in causa. Ma niente segreti per diventare superdotati; fatevene una ragione.
Già il fratello Mosè, con il bastone consegnatogli da Dio, aveva fatto diversi miracoli sorprendenti raccontati nell'Esodo. Stavolta, sempre grazie ad un bastone, è Aronne che ci fa un figurone, redimendosi così una volta per tutte dalla figuraccia rimediata agli occhi del popolo in occasione del disastro del Vitello d'Oro.
Dio dice a Mosè:"Ordina agli Israeliti che ogni capotribù ti consegni un bastone. Prenderai dunque i dodici bastoni e inciderai su ciascuno di essi il nome della tribù corrispondente. Sul bastone della tribù di Levi scriverai il nome di Aronne. [...] Dal bastone della persona che io ho scelto, spunteranno gemme. Così farò finire una volta per sempre le critiche che gli Israeliti muovono a me nei vostri riguardi".
Mosè requisisce i bastoni e li porta alla Tenda dell'incontro. Il giorno seguente, quando va a riprenderli, sulla verga di Aronne non solo sono spuntate le gemme promosse, ma in più anche fiori e persino mandorle mature. Dio ordina che questo bastone prodigioso sia portato davanti all'Arca dell'Alleanza: "Sarà conservato là, per ricordare agli Israeliti che sono un popolo ribelle - raccomanda a Mosè -. Così porrai fine alle critiche che mi fanno, ed essi non correranno più il rischio di morire".
Ora, volendo abbozzare un'analisi semiologica, mi rimane oscuro come un qualunque israelita, passando per caso di là, potesse associare l'immagine di un bastone con gemme, fiori e mandorle al messaggio "Siamo un popolo ribelle: non dobbiamo più criticare il Signore, altrimenti moriremo". Chiaro e intuitivo, direi proprio di no. Qualcuno magari avrebbe potuto equivocare, e leggerci ad esempio un ammonimento dei mariti alle mogli: "Accontentatevi dei fiori: se continuate a reclamare le gemme, vi bastoneremo sul sedere fino a spellarlo come una mandorla matura!". I post-it ci hanno davvero semplificato la vita.

venerdì 14 ottobre 2011

Spartacus

Core, come Spartaco,
capeggiò una ribellione
Quando pochi comandano su molti, prima o poi va a finire male.
I Romani lo impararono con la ribellione di Spartaco, il gladiatore che guidò gli schiavi ad una sommossa capace di mettere a ferro e fuoco tutta l'Italia dal Vesuvio in giù tra il 73 e il 71 avanti Cristo - wikipedia, sempre sia lodata. Ma prima ancora dovettero farci i conti pure Mosè ed Aronne, che un bel giorno si ritrovarono ad affrontare i leviti Core, Datan, Abiram e On, sobillatori di una rivolta alimentata da altri 250 tra gli Israeliti più influenti nella comunità (Numeri, capitoli 16 e 17).
Core e gli altri "incazzados" - di questi tempi va di moda utilizzare suoni spagnoleggianti per definire chi protesta...-  ritengono ingiusto che solo Mosè e i discendenti di Aronne facciano i sacerdoti ("Perché pretendete di essere superiori a tutto il resto del popolo del Signore?"), ma soprattutto si lamentano per gli stenti che continuano a patire nel loro peregrinare attraverso il deserto. A questo proposito, accusando Mosè, rigirano l'espressione già usata da Giosuè e Caleb descrivendo la Terra Promessa: "Tu ci hai fatto lasciare una terra dove scorre latte e miele (riferendosi all'Egitto) [...] e non ci hai per nulla condotti in una terra dove scorre latte e miele (riferendosi al deserto, decisamente diverso dalla Terra Promessa)". Comincio a sospettare che il libro dei Numeri sia sponsorizzato dal signor Ambrosoli, quello delle caramelle.
Sarà Dio stesso a dimostrare il giorno successivo chi sta dalla parte del giusto, accettando o meno l'offerta d'incenso consumata sui bracieri dai sacerdoti "autorizzati" e dagli aspiranti tali in contemporanea. Si annuncia un mezzogiorno di fuoco. Letteralmente.
Quando l'incenso inizia a sfrigolare sui bracieri, alla presenza di tutto il popolo, Mosè invoca Dio di rendere manifesta la sua condanna contro i rivoltosi. Basta chiedere. "Appena Mosè ebbe finito di parlare, il suolo si spaccò sotto i piedi di Datan e Abiram. La terra si aprì e li inghiottì insieme con le loro famiglie; sprofondarono pure i sostenitori di Core e tutti i loro beni. Quegli uomini e tutta la loro banda piombarono vivi nella voragine. La terra li ricoprì, e scomparvero dall'assemblea del popolo d'Israele. [...] Divampò una fiamma mandata dal Signore e bruciò vivi i 250 uomini che presentavano l'incenso sui bracieri".
A me il verdetto divino pare sufficientemente chiaro. Qualcuno, però, evidentemente non ha ben capito, e ha la geniale idea di accusare nuovamente Mosè e Aronne: "Voi avete fatto morire il popolo del Signore!". Di fronte a tale capriccio, Tatadìo non può esimersi dall'assestare l'ennesimo, sonoro scapaccione ai suoi figli monelli: "il numero delle vittime del flagello fu di 14.700, senza contare i sostenitori di Core morti prima". Saranno stati pure "incazzados", ma Dio si conferma il più "incazzado" di tutti. E meno male che Aronne, su invito di Mosè, corre ad effettuare in tutta fretta un rito di purificazione per placare l'ira del Signore. Il metodo educativo delle punizioni corporali, comunque, finora non ha portato grandi risultati. Tatadìo, che sia il caso di provare qualcos'altro, una buona volta, o li vogliamo ammazzare proprio tutti?

sabato 8 ottobre 2011

Se lavori, ti tirano le pietre

La canzone di Pieretti e Gianco
è ispirata alla legge di Mosè?
Finora non ci avevo mai fatto caso, ma la canzone Pietre evidenzia una chiara ispirazione biblica. "Se sei cattivo, ti tirano le pietre" - il secondo verso della prima strofa - è un toccante riferimento al triste destino dell'anonimo primo bestemmiatore, di cui abbiamo letto nel Levitico.
L'attacco della seconda strofa, invece, è un epitaffio in memoria del malcapitato e sempre anonimo (si dice il peccato, ma non il peccatore...) "raccoglitore di legna", protagonista suo malgrado del quindicesimo capitolo dei Numeri.
"Se lavori, ti tirano le pietre", canta Gian Pieretti; ed è proprio quello che accade a questo israelita che ha la pessima idea di mettersi a raccattare ramoscelli nel giorno proibito, il sabato. Anche andare per legna, così come andare per manna, è infatti ritenuta un'attività incompatibile con l'obbligo di riposo assoluto e preghiera imposto per l'intera giornata consacrata a Dio. Fa niente se all'improvviso ti viene voglia di cuocerti una braciola, di scaldarti con un fuocherello o di costruire una fionda per tuo figlio: dovevi pensarci venerdì. Se lo fai di sabato e ti beccano, vieni portato al cospetto di Mosè e Aronne, che inevitabilmente chiedono al Signore come devi essere punito.
"Quell'uomo deve essere messo a morte! - ordina Dio, senza pensarci due volte -. Tutta la comunità si raduni fuori dall'accampamento e gli scagli sassi, fino a farlo morire". Nessuno si stupisce, nessuno batte ciglio. La condanna è eseguita immediatamente. Vuoi vedere che Tatadìo, a furia di castighi esemplari, ha finalmente ottenuto l'obbedienza totale e incondizionata dei suoi figlioli una volta per tutte?
Dato che c'è, il Signore approfitta dell'occasione per dettare anche una fondamentale prescrizione in fatto di abbigliamento: "Voi e i vostri discendenti metterete frange con un filo viola ai bordi dei vostri vestiti. Porterete vestiti con frange, e quando le guarderete, ricorderete tutti i miei comandamenti".
Capelli lunghi e vestiti con le frange: non c'è alcun dubbio, Dio ha gusti estetici da fine anni Sessanta. Perfettamente coerenti, del resto, con le sue preferenze musicali: "E il giorno che vorrai / difenderti vedrai / che tante pietre in faccia prenderai! / Sarà così / finché vivrai / sarà così..." (Pietre, Gian Pieretti e Ricky Gianco, 1967).

mercoledì 5 ottobre 2011

Quella sporca dozzina

Mosè manda 12 capi tribù
ad esplorare la Terra Promessa
Il Signore ordina a Mosè di inviare una squadra scelta in avanscoperta nella Terra Promessa (Numeri, capitolo 13). Per comporre il manipolo di arditi, il patriarca sceglie un uomo tra i capi di ogni tribù.
A leggere i nomi  - al solito decisamente bizzarri - la Sporca Dozzina potrebbe benissimo essere un gruppo di spietati terroristi, una squadra di trapezisti del Circo Togni o una formazione  di giovani giocatori mediorientali pescati a caso tra le Nuove Leve di Pro Evolution Soccer. La truppa è composta da Sammua, Safat, Caleb, Igheal, Osea, Palti, Gaddiel, Gaddi, Ammiel, Setur, Nacbi, Gheuel. Personalmente, do credito all'ipotesi dei trapezisti. Nell'occasione, Mosè d'autorità cambia il nome di Osea, che d'ora in avanti diverrà Giosuè - un editor serio farebbe notare all'autore che in verità Giosuè ci è già stato presentato con questo nome nell'Esodo, ma ormai siamo abituati a simili incongruenze...
I nostri eroi esplorano per quaranta giorni il territorio indicato da Dio, ma al loro ritorno forniscono un resoconto contrastante. Mentre infatti Giosuè e Caleb sottolineano gli aspetti positivi ("E' una terra dove scorre latte e miele"), gli altri si dimostrano allarmati e timorosi di non avere la forza per la conquista ("E' una terra che fa morire quelli che vi abitano, e laggiù abbiamo visto tutta gente alta di statura, anche i giganti discendenti da Anak. Di fronte a loro sembravamo formiche").
Come prevedibile, il popolo attacca con nuovi lamenti e proteste nei confronti di Dio, Mosè e Aronne; e quando Giosuè e Caleb tentano di convincere gli Israeliti a partire comunque all'attacco con fiducia, perché il Signore è con loro, per tutta risposta la gente prende dei sassi e si prepara a lapidarli.
Ahi ahi, un altro brutto capriccio dei figli Israeliti. Puntuale, arriva Tatadìo con le sue punizioni esemplari: "Morirete tutti in questo deserto[...]. Giuro che non entrerete nella terra dove avevo promesso di farvi abitare. Gli unici ad entrarvi saranno Caleb e Giosuè [...]. I vostri figli saranno nomadi per quarant'anni nel deserto, dietro ai loro greggi. Porteranno le conseguenze delle vostre infedeltà finché l'ultimo di voi non sarà morto. Avete impiegato quaranta giorni, per compiere l'esplorazione: pagherete le conseguenze dei vostri peccati per quarant'anni. A ogni giorno corrisponderà un anno. Imparerete così che cosa vuol dire opporsi a me". Intransigente ma mai eccessiva: questa sì che è una tata coi fiocchi!
Si mette male per la Sporca Dozzina. Dieci su dodici muoiono all'improvviso, come fulminati; dopo di loro, tutti gli adulti dai vent'anni in su sono condannati a morire uno dopo l'altro nei successivi quarant'anni. Ma non era meglio mettere su una squadra di trapezisti?