giovedì 29 novembre 2012

Da nipotina a sposina

La nipotina Acsa e lo zio Otniel:
un matrimonio ben assortito
L'amore carnale con una nipote, ai nostri giorni, non sarebbe propriamente considerato 'cosa buona e giusta' da parte di uno zio. Abbiamo già visto, però, che ai tempi della Bibbia riguardo all'incesto e alle relazioni familiari c'erano usi e costumi decisamente meno restrittivi. Una nuova riprova ci viene dal primo capitolo del Libro dei Giudici.
Le varie tribù del popolo d'Israele sembrano fare a gara per completare la conquista della Terra Promessa. Una vera e propria corsa a premi, con tanto di incentivi.
Caleb, della tribù di Giuda, mette in palio la mano - e a dirla tutta non solo quella - di sua figlia: "A chi assalirà e conquisterà la città di Debir, darò in sposa mia figlia Acsa".
Che, ovviamente, non ha alcuna possibilità di esprimersi in merito.
Chi sarà il fortunato? "La città fu conquistata da Otniel, figlio di Kenaz, fratello minore di Caleb, e Caleb gli diede in moglie Acsa". Sì, insomma: lo zietto, il fratello del padre, si piglia come sposa la nipotina. La quale, a questo punto, o è tanto bella che sarebbe un peccato doverla condividere con un'altra famiglia, o è tanto brutta che tutti gli estranei si guardano bene dal rischiare la pellaccia per sposarla. Fate voi.
Per quanto riguarda la dote, Otniel evita di chiedere alcunché al fratello: manda sempre avanti la nipotina-mogliettina, sperando che con i suoi occhioni dolci convinca il paparino a mollare qualcosa. Chiamalo scemo.
"Otniel aveva convinto Acsa a chiedere a suo padre un pezzo di terra. Il giorno delle nozze Acsa scese dall'asino e Caleb le domandò cos'altro voleva. Rispose: Fammi ancora un regalo. La terra che mi hai dato si trova in un luogo arido: lasciami qualche sorgente d'acqua. Allora il padre le regalò anche due sorgenti vicine al campo".
Le premesse di questo matrimonio mi sembrano ottime. L'autore biblico non ci racconta come prosegue.
Personalmente, sospetto che il giorno successivo Otniel si svegliò di buon mattino, piazzò la dolce Acsa sull'asinello, e la mandò ad arare ed irrigare quel pezzettino di terra che le aveva regalato il padre; nel frattempo lui rimase a casetta, intento ad arieggiarsi il deretano con il ventaglio.

venerdì 23 novembre 2012

Pollicino il Mutilato

Ad Adoni-Bezek furono mutilati i pollici
Nella Bibbia lo chiamano Adoni-Bezek, ed è il re della città di Bezek. Complimenti ai genitori per la fantasia. Incontriamo questo sovrano dal triste destino nel capitolo che apre il Libro dei Giudici.
Dopo la morte di Giosuè, pare che il Signore per un po' di tempo non abbia voglia di scegliersi un nuovo interlocutore privilegiato. Un po' come quando ti è appena morto il cane o il gatto, e ancora non te la senti di affezionarti ad un nuovo amico a quattro zampe.
Così il Signore si rivolge genericamente al suo popolo, e ordina alla tribù di Giuda di attaccare per prima il territorio dei cananei. I volenterosi soldati di Giuda convincono gli amici della tribù di Simeone a tentare insieme l'impresa bellica, e formano un'unica armata per andare a far la guerra contro cananei e perizziti - per la cronaca, dicono che il primo popolo fosse solito abbellire i propri cani con vezzosi nei finti; il secondo, invece, coltivava alberi di pero che purtroppo spesso avvizzivano precocemente.
Missione compiuta senza problemi: "A Bezek sconfissero diecimila uomini". Tra questi, appunto, c'è anche il re Adoni-Bezek, che vista la mal parata si dà disperatamente alla fuga.
Pessima idea.
"I soldati di Giuda lo inseguirono, lo fecero prigioniero e gli tagliarono i pollici alle mani e ai piedi". Perché scelsero proprio questa mutilazione, per me è un mistero. Le note suggeriscono che così il re non poteva più tirare con l'arco. Mi sfugge per quale motivo a un re prigioniero dovesse essere lasciato in dotazione un arco con tanto di frecce da utilizzare a piacere, ma evidentemente sono io che non ci arrivo.
Il re così piange la propria sventura: "In passato settanta re con mani e piedi mutilati raccoglievano sotto la mia tavola gli avanzi dei miei pasti. Ora il Signore mi ha restituito il male che ho fatto".
Ancora una volta rimango piuttosto perplesso. Quanto lunga doveva essere questa tavola per riuscire ad ospitare sotto di sé settanta re con mani e piedi mutilati? Magari avranno fatto a turno: ogni giorno un re mutilato diverso sotto il tavolo, al quale gettare un tozzo di pane morsicato. Usanza simpatica.
Del resto, deduco che anche mutilare i re sconfitti dovesse essere una consuetudine molto in voga all'epoca.
Gente che vai, costumi che trovi.
E allora, inutile stupirsi: proprio non poteva andare diversamente, al re di Bezek.
Lo chiamavano Adoni-Bezek, povero disgraziato. Io me lo ricorderò come Pollicino il Mutilato.